BONEFRO Sant'Orsola di Bologna Ricercatore Gianfranco CICORIA

11.03.2013 15:12

Fonte: bottomup

  (Gianfranco CICORIA)

Ospedale Sant’Orsola di Bologna reparto di medicina nucleare, padiglione 30. Qui oltre all’attività clinica si conduce attività di ricerca nel campo dei radiofarmaci. Ma cosa sono i radiofarmaci? Ce lo spiega Gianfranco Cicoria, che lavora all’acceleratore di particelle dell’ospedale.

Gianfranco, sei un medico?

No, io sono laureato in fisica. adesso lavoro qui al Sant’Orsola a e sono iscritto alla scuola di specializzazione in fisica sanitaria. È una specializzazione analoga a quelle che seguono il corso di laurea in medicina e serve per poter lavorare in un ospedale.

Dunque all’interno di questo ospedale c’è una struttura di fisica sanitaria?

La fisica sanitaria non è presente in tutti gli ospedali: si trova all’interno degli ospedali più grandi, o meglio, che hanno delle tecnologie più avanzate. Qui al Sant’Orsola abbiamo una delle strutture di fisica sanitaria più grandi di tutt’Italia: saremo una ventina di fisici in tutto l’ospedale. La fisica sanitaria è una struttura trasversale che opera in medicina nucleare, radioterapia, cardiologia, ecc. e si occupa sia della parte diagnostica che della parte terapeutica. In medicina nucleare si occupa esclusivamente della parte diagnostica, mentre in radioterapia la fisica sanitaria interviene nel trattamento dei pazienti oncologici.

Oltre alla consueta attività clinica fate anche ricerca?

Certo, facciamo anche ricerca. Solitamente la ricerca viene fatta dagli specializzandi in fisica sanitaria, perché non hanno orari di lavoro fissi, hanno più tempo a disposizione…e sono più freschi di laurea!

Questo è il tuo caso…

Esattamente, io sono al terzo anno dei quattro previsti per la specializzazione in fisica sanitaria.

E contemporaneamente lavori qui in ospedale…

Sì, sono assunto come fisico libero professionista e ho un contratto direttamente con l’ospedale, perché la scuola di specializzazione non prevede delle borse. Mentre per i dottorandi ci sono delle borse pagate direttamente dal ministero, per gli specializzandi in fisica sanitaria non è previsto alcun tipo di stipendio. Per cui si seguono le lezioni della scuola una volta a settimana e, se sei fortunato, trovi una struttura di fisica sanitaria in grado di pagarti e di farti lavorare. Io sto lavorando qui e sto studiando le stesse cose per cui lavoro, quindi sono avvantaggiato rispetto ad altri che frequentano la scuola ma non hanno trovato un posto dove praticare.

Per quale motivo hai scelto di continuare gli studi e il lavoro in ambito sanitario?

Ho fatto la tesi di laurea all’interno di questo ospedale. Il progetto di tesi era buono e ha raggiunto gli obiettivi che c’eravamo preposti, ma dato che c’era ancora da lavorare in quell’ambito, mi hanno offerto un contratto con l’ospedale e sono rimasto. A me piace molto la fisica nucleare, ma anche il lavoro manuale. Ho scelto la fisica medica perché da un lato lavora molto con la fisica nucleare e dall’altro ha molta attività pratica: mi piace vedere le cose realizzate, non mi spaventa affatto prendere in mano un cacciavite o un martello, smonto e monto tutto quello che serve!

Puoi spiegare cosa si intende per fisica nucleare?

Per fisica nucleare si intende tutta la fisica che studia e modellizza come si comporta il nucleo atomico. Questo può esistere in forma stabile o instabile. Un nucleo stabile è quello presente in tutte le sostanze che comunemente vediamo intorno a noi. Instabile è quel nucleo che è radioattivo: deve emettere radiazioni per tornare alla sua condizione di stabilità. La fisica nucleare studia come viene emessa questa radiazione, perché viene emessa e misura la radiazione stessa.

Qual è la sua applicazione in campo medico?

La capacità dei nuclei di emettere radiazioni può essere molto importante: la radiazione è una sorta di segnale e, se riesco a vederla, posso localizzare la posizione del nucleo radioattivo che la emette. Qui in medicina nucleare accorpiamo sostanze radioattive ad un farmaco a scopo diagnostico. Ad esempio, supponiamo che al posto di un atomo di idrogeno dell’aspirina si inserisca un altro idrogeno radioattivo: se una persona assume l’aspirina, attraverso le radiazioni che emette si riesce a vedere dove il farmaco giunge all’interno del corpo.

A scopo diagnostico dicevi…

In medicina nucleare si diagnosticano patologie cardiache, oncologiche e anche neurologiche, proprio attraverso farmaci resi radioattivi (marcati con della radioattività).

Ma non sono pericolosi questi farmaci radioattivi per chi li assume?

Quando un medico prescrive questo tipo di indagine deve sempre valutare il rapporto rischio-beneficio. La radioattività non è benefica per il paziente, si ripercuote sulla salute, ma solo in dosi molto elevate. Per le dosi di tipo diagnostico non crea nulla di grave: il medico sa che c’è un danno, però il danno che viene prodotto, di sicuro è molto inferiore al beneficio che si ottiene dall’informazione di tipo diagnostico. Ad esempio si riesce a diagnosticare un tumore che altrimenti non si sarebbe potuto diagnosticare; si prendono radiazioni, ma in una quantità minima, che comunque non creerà danni in futuro: meglio curare il tumore che evitare di fare una qualsiasi indagine di medicina nucleare, una radiografia o una TAC.

È questo il campo in cui fai attività di ricerca?

Mi occupo proprio della produzione di radiofarmaci per scopo diagnostico. Tramite l’acceleratore di particelle produciamo sostanze radioattive come fluoro 18, carbonio 11, ossigeno 15. Nel mio progetto di ricerca stiamo cercando di produrre due sostanze radioattive per cui l’acceleratore non è stato progettato, cioè il rame 64 e lo iodio 124. Queste sostanze, iodio e rame, permettono di ottenere radiofarmaci in grado di diagnosticare delle patologie diverse da quelle diagnosticate con radiofarmaci marcati con carbonio e con fluoro.

Facciamo un passo indietro: cos’è un acceleratore di particelle, anche detto ciclotrone?

È uno strumento che accelera particelle cariche, come protoni, particelle alfa, ecc. noi lo usiamo per creare della radioattività. L’acceleratore che abbiamo qui è in grado di accelerare protoni fino a energia di 16.5 mega elettronvolt: dirigendo il fascio accelerato di protoni verso materiali bersaglio, si rendono quei materiali radioattivi. I protoni, interagendo con il nucleo atomico, rendono le sostanze bersaglio radioattive.

Qual è stato il risultato più bello della tua ricerca?

Il risultato più bello l’ho ottenuto lavorando assieme a mio padre ad un prototipo in plastica che abbiamo realizzato noi due e che mi consente di separare due o più sostanze radioattive tra di loro. In pratica consente di eliminare quella radioattività inutile che darebbe solamente del danno al paziente senza dare informazioni di tipo diagnostico. Questo prototipo è stato pensato da me e realizzato da mio padre con il tornio. Mio padre attualmente è in pensione e ci siamo divertiti a farlo: nel momento in cui l’ho provato, ha funzionato immediatamente!

 

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